Mr. Porter nel suo viaggio quale Italia del vino ha trovato?
Credo che siamo nell’età d’oro del vino italiano. Il ritorno e l’attenzione ai vitigni autoctoni e alla vinificazione tradizionale (con tutte le sfaccettature di una visione moderne) hanno permesso alle persone di concentrarsi sulla qualità e sul terroir. Sento che il futuro è ancora più promettente per il vino italiano perche’ sempre più persone desiderano esplorare nuovi vini e nuove regioni.
Ha visitato molte cantine e quindi s’è fatto un’idea chiara del loro lavoro: che differenze ha trovato rispetto a quelle americane?
Le differenze si basano principalmente sul terroir, e solo dopo sulla scala produttiva. Ci sono cantine molto grandi e cantine molto piccole in entrambi i paesi. Le cantine sono tutte molto simili nel mondo- ma è il terroir che le separa e che ricopre il ruolo piu’ importante. Non è la cantina, ma la terra. In generale, l’obiettivo e’ lo stesso: provare a produrre il miglior vino possibile.
In Italia si parla molto di difficoltà di comunicare la grande varietà di ciò che abbiamo: lei trova che sia più difficile approcciare il vino italiano rispetto a quello di altri Paesi?
L’enorme numero di varietà in Italia è allo stesso tempo una fortuna e una difficoltà. Ma e’questo dono che separa l’Italia dal resto del mondo; la diversità delle uve italiane è ciò che vi rende così speciali. Nessun posto sulla terra ha così tante varieta’ di uva in grado di produrre un vino cosi’ importante. Da Petite Arvine in Valle d’Aosta a Gaglioppo in Calabria i vini sono deliziosi, versatili e aiutano davvero a raccontare la storia di ogni specifica regione.
In quale ambito, secondo lei, le cantine italiane?
Dovrebbero continuare sul percorso che gia’ seguono: concentrarsi sulla qualità e non sulla quantità; concentrarsi sulle tecniche agricole che siano rispettose dell’ambiente e sui vini che rappresentino al meglio il terroir.
Quali vini sono piaciuti lo scopriremo nella sua web-serie. Ma ci dia una anticipazione almeno su un bianco e un rosso.
Zenato Lugana, di cui ho amato il piglio fresco, vibrante e puro ma e’ stato anche un onore gustare un Franciacorta da Ca ‘del Bosco del 1979 (il secondo vino mai prodotto a Ca’ del Bosco) e un Barolo 2016 di Pio Cesare direttamente dalla botte. Ad essere onesti, siamo stati così fortunati a provare così tanti vini meravigliosi, incredibili. Ogni cantina ci ha aperto le porte e ci ha permesso di gustare vini davvero sorprendenti.
In conclusione, quaranta cantine sono tante: c’è qualcosa che non si è aspettava di trovare o che l’ha delusa durante il suo viaggio attraverso l’enologia italiana?
L’unica cosa che mi ha deluso è che non abbiamo avuto abbastanza tempo! Nessun vino o cibo mi ha deluso in Italia.
S.B.