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Prosecco, Val d’Oca alza il livello: l’Uvaggio storico è un capolavoro

Val d’Oca è il brand per enoteche e ristoranti della Cantina di produttori del Prosecco di Valdobbiadene. Qui vengono profusi i massimi sforzi qualitativi di questa realtà che conta 600 conferitori con una media di 1,5 ettari a famiglia. Famiglia, termine non usato a caso perché a parte un possedimento della Chiesa, il più esteso ça va sans dire. Parliamo di realtà piccole e spesso ereditate che per superare la miseria del dopoguerra negli anni Cinquanta, si sono unite in questa cantina sociale che negli anni è diventata un modello di organizzazione.

 

Una azienda di livello internazionale

 

Quindici milioni di bottiglie, il 40% col marchio Val d’Oca, la cui uva viene per statuto vendemmiata a mano e vista la ripidità dei declivi delle colline Docg di Valdobbiadene non potrebbe essere altrimenti. Seicento conferitori e una attenzione alla tecnologia e all’ambiente (redige un bilancio di sostenibilità completissimo). Dal 2019 è certificata Viva, standard sviluppato dal Ministero dell’Ambiente e dall’università Cattolica del Sacro Cuore. Spettacolare la parte della cantina dedicata all’imbottigliamento e allo stoccaggio. Ora è stato anche rifatto il look alle bottiglie di pregio. 

 

Il Prosecco delle Rive

Ci sarebbe molto da dire – e ci torneremo – per raccontare almeno un paio di bottiglie cru, che in zona chiamano rive e in genere corrispondono a una collina e a una località. Sì perché anche il Prosecco ha i suoi vigneti d’elezione declinati nelle tre bottiglie di Superiore: Rive di San Pietro, Rive di Santo Stefano, Rive di Colbertaldo. Tutte raccontano vini diversi, quello di Santo Stefano profondamente diverso ma ne parleremo più specificatamente in una altra occasione. Ma tutti mantengono le caratteristiche che hanno fatto fatto del Prosecco un ambasciatore dell’Italia nel mondo: fragranza, immediatezza, adattabilità a diversi piatti e situazioni.

 

L’Uvaggio storico, che cos’è

Non può mancare il Cartizze dry e i millesimati declinati nelle classiche varianti “extra dry”, “brut” ed “extra brut” ma qui la menzione d’onore è per un Prosecco davvero d’eccezione: si chiama Uvaggio storico perché una volta il Prosecco si faceva così. Glera in primis, naturalmente, e poi una serie di varietà locali  – Verdiso, Perera e Bianchetta Trevigiana – da sempre presenti sulle colline di Valdobbiadene. 

 

La degustazione dell’Uvaggio storico

Il naso è tanto floreale quanto fruttato e sottili note di timo e mentuccia emergono pian piano dal bicchiere. In bocca lascia da parte l’estrema freschezza dei suoi fratelli minori per lasciare spazio ad una spiccata cremosità. Il che gli consente tra l’altro di essere una bottiglia spendibile anche a tutto pasto e non solo per il classico aperitivo. Una buona mineralità lascia comunque la bocca pulita e fresca ed il secondo bicchiere è praticamente automatico. 
Un grande Prosecco, prova provata che anche il metodo Martinotti può dare grandi spumanti.

Sergio Bolzoni

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