Avvinando

Il viaggio decennale di Sicilia en primeur

Sicilia en primeur, la manifestazione organizzata da Assovini Sicilia è giunta quest’anno alla decima edizione. Occasione quindi per fare un po’ il punto. Tgcom24 ha la fortuna di parteciparvi da molti anni e ogni volta è stato possibile incontrare aziende diverse e degustare vini talvolta nuovi, talvolta presenti sul mercato da decenni. Non per piaggeria, ma il lavoro fatto da questa associazione di produttori di vino è stato negli anni davvero di prim’ordine. Sicuramente un successo è stato l’arrivo alla Doc Sicilia che garantirà riconoscibilità del vino siciliano (e protezione dai taroccamenti, visto che ogni bottiglia è tracciabile dal consumatore) sui mercati internazionali, dove si gioca la vera partita del business enologico dei prossimi decenni. In questo senso ha ragione da vendere, pur con tutte le preoccupazioni legate alla contingenza economica, il presidente di Asssovini Sicilia Antonio Rallo a rivendicare a Sicilia en primeur il ruolo di volano “nel proiettare fuori dai confini dell’isola l’orgoglio del nome Sicilia. Dieci anni che hanno visto crescere in maniera esponenziale l’immagine dei vini siciliani nel mondo”.

Già ma come sono cambiati, se sono cambiati, in questi ultimi dieci anni i vini siciliani? La risposta non può essere univoca. Un po’ perché più o meno ogni provincia è un mondo enologico a parte (i produttori amano dire che per il vino la Sicilia è un continente, più che un’isola), un po’ perché ci sono cantine da diversi milioni di bottiglie accanto ad alcune da poche decine di migliaia.

Una delle chiavi di lettura possibili è quella di prendere la risposta dal punto di vista del consumatore. In questo caso, secondo noi, si hanno praticamente solo buone notizie. Innanzitutto il rapporto qualità prezzo dei vini Siciliani è in generale ottimo e ci pare che stia sempre più migliorando a fronte di un altrettanto netto miglioramento qualitativo dei vini “base”, di quelli cioè che ci possiamo comprare tutti, tutti i giorni. In questa sede non facciamo nomi ma se seguirete nei prossimi mesi Avvinando e specialmente la rubrica Bere bene al supermercato ve ne accorgerete da soli.

Un altro cambiamento evidente è la ricerca sempre più spiccata di una via autoctona al vino internazionale. Dieci anni fa la grande maggioranza dei produttori faceva vinoni opulenti, legnosi, internazionali nel senso dei vitigni usati (cabernet, merlot, ecc…) e poi molti vini con i vitigni locali senza studiarci molto su. Oggi tutti hanno capito, forse anche grazie alla Doc Sicilia, che sono i vitigni autoctoni la vera forza del territorio e, dai bianchi ai rossi, stanno venendo fuori bottiglie di grande livello, magari con l’aiuto (nel senso di piccole percentuali) dei vitigni internazionali per correggere con sano atteggiamento pratico certe mancanze, ma sempre mirati ad esaltare le caratteristiche del territorio. Proseguendo così negli anni a venire credo che ne assaggeremo delle belle (bottiglie, naturalmente), specialmente sui bianchi.

Un terzo cambiamento degli ultimi dieci anni evidente riguarda la riscoperta di vini antichi o nascosti dietro microscopici territori come la doc Faro, l’Etna, o il Marsala, inteso come vino, che sta combattendo una battaglia per recuperare lo status che gli compete nel mondo, dopo decenni di schifezze aromatizzate. Oppure ancora il cerasuolo di Vittoria, unica Docg isolana, ma 10 anni fa praticamente sconosciuto ai non addetti ai lavori. Riscoperte che probabilmente nei prossimi anni continueranno, anche grazie al lavoro che le aziende di Assovini Sicilia compiono con l’Assessorato all’agricoltura regionale, il Centro per l’innovazione vitivinicola di Marsala e le università di Palermo e Milano, sui profili genetici delle viti dell’isola. Progetto che nasce anch’esso dieci anni fa e che fino ad ora ha permesso di individuare una cinquantina di vecchie varietà delle quali non si conosceva l’esistenza e di omologare i primi cloni delle varietà principali. La Sicilia è un modello in questo settore da prendere ad esempio per le altre regioni, in quanto più di ogni altra ha investito in progetti di miglioramento genetico (che non riguarda in alcun modo l’Ogm) per aumentare la resa qualitativa dei cloni, della scoperta di nuovi portainnesti per l’adattamento a terreni difficili e, come sottolinea il prof. Scienza “per affrontare i cambiamenti climatici non solo pensando alla delocalizzazione come soluzione”.

Quest’anno abbiamo visitato cantine del territorio, bellissimo, tra Monreale e Palermo: Baglio di Pianetto, Cusumano, Tenuta Rapitalà e Feudo Disisa. Trovando aziende e vini diversissimi, di cui racconteremo più approfonditamente nei prossimi articoli in occasione della degustazione di alcuni loro vini. Quello però che hanno in comune e che ci ha colpito di tutti questi produttori è la voglia di vincere la competizione sul mercato, l’attenzione spasmodica al consumatore, l’occhio lungo che guarda ben oltre i confini nazionali e, oggi, continentali. Dieci anni fa non era così per tutti i produttori siciliani. Questa trasformazione generale di mentalità è probabilmente il principale successo di chi allora iniziò, creando Sicilia en primeur, a guardare per dirla con Pierangelo Bertoli, “con un piede nel passato e lo sguardo dritto e attento sul futuro”.
Sergio Bolzoni

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