Ecco quindi che gli strascichi della polemica politica investono Vinitaly una volta tanto per qualcosa che non riguarda il core business, cioè il vino. Quindi quest’anno niente “la fiera dovrebbe spostarsi a Milano”, oppure “il wifi non funziona” e nemmeno “c’è troppa gente che viene a bere e basta senza capire cosa ha di fronte”, che sono un classico di tutte le edizioni della manifestazione.
Quest’anno si parlerà di politica vera: di Di Maio e Salvini, della Famiglia – o meglio di quale famiglia, magari anche dei diritti di quelle arcobaleno – di migranti, che per inciso spesso lavorano duramente e a volte malpagati nelle vigne e nei campi nostrani, o di economia, magari addirittura al di là del proprio fatturato. Sarà un Vinitaly di ben altro spessore, ne siamo sicuri.
S.B.