“Uno schiaffo per il mondo del vino che non può più mettere la testa sotto la sabbia”. Andrea Muccioli a Vinitaly ha portato oltre ai suoi prodotti, anche un grido d’allarme: 800 mila giovani, nella fascia tra i 15 e i diciannove anni bevono per sballarsi e i produttori non possono chiamarsi fuori. “Io voglio dire al mondo del vino di qualità che non si può più fare finta di niente”.
E’ il rapporto Espad, condotto dall’Istituto di Fisiologia clinica del Cnr, a lanciare l’allarme “binge drinking” la bevuta per sballare.
Andrea Muccioli, in fondo il suo è un punto di vista particolare. Ma perché un produttore di vino dovrebbe occuparsi dei morti sulle strade?
“Certo, la nostra è una azienda a vocazione sociale, ma il problema vero è alla base: in Italia abbiamo rinunciato tutti al ruolo di adulti, al ruolo di educatori e il risultato sono questi dati drammatici: non possiamo non occuparci di questi giovani. Da noi vengono molti di queste persone che hanno problemi con le droghe o con l’alcol. Il problema da affrontare è riempire il loro vuoto educativo. E si può: molti dei giovani che vengono aiutati a San Patrignano poi vanno a fare i sommelier professionisti e portano questi valori nel mondo del vino”.
Portare a Vinitaly uno stand con una auto fracassata da un incidente stradale è una cosa che fa scalpore. Qual è stato il riscontro?
“Fino ad ora molto misero. Ad oggi abbiamo sussurrato ai produttori di vino di qualità che devono occuparsi del problema. Ora abbiamo deciso di dare uno schiaffo al sistema, perché non è più possibile far finta di nulla. Non si può continuare a parlare di cultura del vino ignorando gli aspetti sociali. L’educazione è l’unica via possibile. Ed educare significa anche far conoscere la storia del territorio, come viene fatto il vino, tutti i procedimenti che portano alla produzione di un vino di qualità che poi verrà apprezzato per quello che è. I ragazzi che bevono per sballare buttano giù prodotti di pessima qualità, magari in cartoni, senza curarsi di nulla, solo per riempire un vuoto esistenziale. Noi proponiamo una via diversa. E’ giunto il momento che tutti si diano una svegliata, perché non è vero che chi beve per sballarsi non usa il vino, la ricerca del Cnr lo smentisce: il 49% lo fa”.
I suoi colleghi produttori potrebbero rispondere che è un problema di controlli….
“Guardi, io sono per i controlli severi, anche se poi sulle quantità di alcol che ti fanno incappare nella sanzione quando si guida ci sarebbe da fare un altro discorso, perché portare a 0,25 è fare del terrorismo. Detto questo le leggi andrebbero adeguate alla gravità del fenomeno: se fosse per me al negoziante che vende ai minori di sedici anni la licenza non la ritirerei per un tempo limitato ma la straccerei definitivamente”.
Che sia un problema di educazione al bere responsabile lo testimonia anche un’altro aspetto della ricerca del Cnr: nelle regioni dove esiste una consolidata tradizione vinicola (Toscana, Campania, Piemonte e Veneto) la percentuale di binge drinkers è inferiore. Segno “di una maggiore consapevolezza legata alla peculiarità e alla tradizione del territorio da parte di chi beve vino in regioni dove questa bevanda fa parte della cultura del luogo”.