Campania Stories, il vino campano si racconta (e ci piace)

Per la prima volta quest’anno Avvinando ha partecipato a Campania Stories 2019, una bella manifestazione atta a raccontare il vino campano nelle sue variegate espressioni. Intanto dobbiamo dire subito che l’occasione di degustare 200 vini in batteria su due giorni era imperdibile e lo scenario stupendo della Costiera Amalfitana dove si è tenuta la manifestazione ha certamente aiutato a rendere il tutto più piacevole.

Noi di Avvinando abbiamo scelto di concentrarci sull’Irpinia per cercare di capire qualcosa di più sulle annate di tre vini simbolo della Campania: il Greco di Tufo, il Fiano d’Avellino e il Taurasi. Dobbiamo dire che è la prima volta che ci troviamo di fronte a una “batteria” di vini di questa tipologia e quindi i giudizi vanno presi un po’ con le dovute cautele. Infatti non ci cimenteremo in voti e classifiche: i vini che ci sono piaciuti li scoptirete seguendoci perché li degusteremo appositamente qui su Avvinando.

Le impressioni generali sono che il Greco di Tufo abbia tirato fuori una annata di grande carattere, ancora spigolosetta ma bella profumata a cui qualche settimana di bottiglia potrà solo che far bene e che tra qualche anno potrebbe diventare ottima come la 2016 che bere adesso è una vera goduria, altamente espressiva in tutte le sue declinazioni. Mentre la 2017 a nostro parere ha un po’ subito troppo l’annata calda e si è rivelata già bella matura. Insomma da bersi assolutamente adesso. Nelle degustazioni in batteria i Greco di Tufo hanno dato palesemente l’impressione che in generale il comparto abbia trovato la strada verso bottiglie di pregio, chi più chi meno, e nessuno ha preso punteggi bassi nelle nostre valutazioni. Insomma buone notizie per il consumatore: dove si casca si casca bene.

Per il Fiano di Avellino abbiamo avuto una impressione un po’ diversa: da un lato l’annata 2018 bella fragrante ma ancora un po’ (tanto) spigolosa, è, diciamo, promossa in prospettiva per le nostre cene quest’estate. Il 2017 è molto potente e alcolico con sentori già molto evoluti mentre i 2016 li abbiamo trovati anche in questo caso davvero spettacolare: acidità e mineralità a ottimi livelli in tutti gli assaggi. Dall’altro però dobbiamo notare che le differenze tra le varie zone si sono rivelate davvero ampie, anche a un palato “profano”. L’area del Fiano di Avellino infatti è estremamente vasta e quindi diventa difficile tirare compiutamente le somme e le indicazioni generali in realtà valgono relativamente vista la vastità dell’area di riferimento in cui cambiano terreni, clima, ecc… Anche in questo caso continuate a seguirci nei prossimi mesi per scoprire le realtà (secondo noi) più interessanti.

Per i Taurasi il discorso diventa un po’ più complesso. Abbiamo avuto la fortuna di degustare annate dal 2009 al 2015 e dobbiamo dire che ci è sembrata evidente una virata di prodotto verso una più spiccata internazionalizzazione, il che in parole povere significa legno e barrique. Mentre le annate più “vecchie” regalavano vini molto diversi ed espressivi, specialmente nelle più recenti la degustazione in batteria regalava assaggi senza dubbio più omologati. Il che probabilmente si spiega sia col fatto che l’aglianico sia un vino più difficile da “piegare” alla piacevolezza in pochi anni, sia che i produttori stiano cercando di offrire un prodotto più in linea con i gusti dei nuovi mercati, esteri e non, più inclini alla “pronta beva”.  E non si può comunque dar loro torto: tenere tanti anni un prodotto in cantina avrebbe dei costi che poche aziende della zona potrebbero sostenere per produzioni numericamente significative. Però in fin dei conti l’impressione che recentemente si usi tanto, troppo, legno è rimasta. Poi come sempre de gustibus.

Grazie all’organizzazione che ci ha supportato abbiamo concentrato l’attenzione per quest’anno sull’Irpinia trascurando (colpevolmente) le altre interessanti realtà campane con cui però abbiamo fatto comunque assaggi eccellenti anche se non sistematici. Anche in questo caso continuate a seguirci, le sorprese non mancheranno.
Sergio Bolzoni
 @sergiobolzoni