Tenuta Rapitalà Casalj: il grande bianco siciliano “alla francese”

Ci sono aziende che non ti aspetti. E vini che non ti aspetti. Quando all’ultima edizione di Sicilia en primeur 2013 abbiamo visitato la cantina di Tenuta Rapitalà non sapevamo che avremmo trovato una sorpresa. E la sorpresa si chiama Casalj, un vino bianco che ha una piccola storia da raccontare. Non è una novità. Sono diversi anni che esiste sul mercato, soltanto che prima era un blend di vitigni autoctoni come il Cataratto e internazionali come lo Chardonnay. Tutto ciò fino al 2010. Dal 2011 è fatto come Catarratto in purezza ed è stato come liberarsi di una zavorra. La prova è stata una verticale di tre annate, 2010, 2011 e 2012 in cui abbiamo approfittato della convivialità di un pranzo per farci raccontare un po’ l’azienda da Laurent Bernard de la Gattinais, titolare di Rapitalà insieme al Gruppo italiano vini. “Volevo andare verso un vino che si caratterizzasse per l’eleganza e quindi abbiamo deciso di fare a meno dello Chardonnay”, racconta. Il che, tra parentesi, è tutto tranne che una scelta semplice, visto che questo vitigno francese in Tenuta lo sanno fare, e bene.
Già che c’eravamo ci siamo fatti spiegare un po’ la differenza tra Tenuta Rapitalà e Rapitalà il marchio d’ingresso che si trova nei supermercati e che fa sovente la gioia di chi vuol bere bene spendendo poco. I vini Rapitalà sono destinati alla grande distribuzione e provengono da vigneti anche di confertori, mentre quelli Tenuta Rapitalà provengono dalla tenuta di famiglia tra Camporeale e Alcamo e sono destinate a enoteche e ristoranti. Comunque tutte le uve sono rigorosamente made in Sicilia. Laurent de la Gattinais assicura un controllo ferreo anche sulle uve di terzi e visto il risultato (presto una prova sulla nostra rubrica “Bere bene al supermercato) siamo propensi a credergli.
Torniamo al Casalj. Le tre annate sono davvero diversissime tra loro. Opulenta e grassa la 2010, con profumi di frutta esotica lievi ma presenti. Vira sulla mineralità, sulla sapidità e su una certa asciuttezza e compostezza il 2011 che si rivela con grande sorpresa uno dei bianchi con la maggiore persistenza assaggiati negli ultimi mesi (dove per persistenza si intende quanti secondi il sapore di un vino resta intatto nel palato prima di sparire o degenerare). Diremmo quasi alla francese: “Mi piacerebbe fare un vino bianco che andasse oltre la camicia di forza dell’annata” dice Laurent de la Gattinais .
Secondo noi la strada è quella giusta. Il 2012 è un vino che fa del gioco di rimando tra il bouquet a metà tra il floreale e l’erbaceo e la freschezza in bocca, il suo bello: ne esce un bianco freschissimo ma che non strafà, minerale anch’esso ma ancora senza la profondità del fratello maggiore. Dimenticatevi qui certi vini siciliani un po’ piacioni, che giocano su alti valori aromatici: il Casalj 2012 è asciutto, tagliente come un coltello. Il 2010 ha ancora un po’ di Chardonnay e secondo noi perde di finezza pur acquistando di corpo.
Si nota comunque da due anni a questa parte un filo conduttore che fa del Casalj di oggi uno straordinario vino bianco completamente diverso da ciò che offre tradizionalmente la Sicilia. Il che non è ne un bene ne un male, è solo un dato di fatto. Questo è uno di quei rarissimi vini bianchi – almeno in Italia – che acquisterà spessore con gli anni.  Già il 2011 rispetto all’ultima annata mette in evidenza complessità e maturità: profumi e sapori ne guadagnano in armonia senza perdere in freschezza. E’ un vino totalmente diverso, con solo un anno in più sulle spalle.
Il prezzo? Siamo intorno ai 10 euro. Per noi, finora, è il campione dell’anno del rapporto qualità/prezzo. Però non ditelo a Laurent, altrimenti se ne accorge. Sssst!
Sergio Bolzoni