L’addio al tappo di sughero per il vino docg è legge (purtroppo)

Durante il mese di settembre è stata varata la sospirata (dai produttori) modifica alla normativa che riguarda i vini docg: non esiste più l’obbligo del tappo in sughero, che ora potrà essere a vite, in silicone, ecc… il tutto per soddisfare le esigenze dei mercati esteri (americano e giapponese in primis) che privilegiano di gran lunga i vini col tappo a vite.

E così, su quei mercati, anche i nostri Baroli, Brunelli e Amaroni potranno essere venduti con la comoda apertura di facile manualità e, sopratutto, che non fa rischiare al consumatore estero di spendere parecchie decine di dollari o yen e poi avere un vino che sa di tappo. Bene, benissimo. I nostri produttori che devono primum vivere (vendere il vino) e quindi philosophari  sono felicissimi. Noi un po’ di meno.

Non perché i produttori non debbano fare tutto il possibile per essere competitivi sui mercati internazionali. Figuriamoci. In questi tempi di crisi poi… E’ che sappiamo già chi pagherà il costo (è proprio il caso di dirlo) di questa rivoluzione: i consumatori più esigenti che comprano il vino felici di tenerlo magari per qualche anno in cantina e che necessitano quindi di un tappo che faccia respirare il prezioso contenuto. Tra pochi mesi (mica anni) andrà a finire che una bottiglia X costerà ad esempio 15 euro se venduta a vite e 17/18€ col tappo di sughero tradizionale. E non va bene, perché così si penalizzeranno i soliti appassionati.

E comunque questo cedimento delle disciplinari non fa bene a prescindere. E’ un clamoroso autogol anche a livello di immagine. A questo punto, allora, perché non prevedere anche il Barolo in un bel pacchetto di tetra-pack per far contenti anche scandinavi e britannici? Oddio, speriamo che nessuno ci legga. Non vorremmo aver dato una nuova idea al nostro legislatore (e a qualche produttore…).
Sergio Bolzoni
@sergiobolzoni