Costaripa: per un grande rosé non serve la Provenza, basta il Garda

Il primo incontro con i vini rosé di Costaripa avveniva diversi anni fa in un ristorante sopra Mandello del Lario (Lecco), dopo aver scarpinato per qualche oretta sul favoloso Sentiero del Viandante. “Mangiamo una cosa veloce e poi si torna alla macchina”. Ma sapete com’è: la mangiata non è più tanto veloce e la titolare vista la giornata di tarda primavera piuttosto afosa ci propone delle bollicine. “Avrei voglia di un rosé” dice mia moglie. E io tra me e me sbuffo perché d’accordo che ci sono favolosi rosé… in Francia, però. La titolare allora sorridendo: “Perché allora non delle bollicine rosé?”. Oh mamma, peggio mi sento ma abbozzo.

Nasce così il primo incontro con Costaripa e i suoi vini. Dal suo spumante metodo classico Rosé che da allora non è più mancato nella nostra cantina. Nata dall’intuizione di Mattia Vezzola, questa cantina del Garda bresciano fin da subito si pone l’obiettivo di fare in Italia dei rosé che possano competere con quelli provenzali.

Durante una cena in un noto ristorante milanese abbiamo avuto la possibilità di assaggiare tutta la gamma “in rosa” trovando solo che eccellenti conferme. Il metodo classico Mattia Vezzola Rosé Brut è un grande spumante, punto e basta. Fragrante, profumato, allegro ma non superficiale anzi: una certa mineralità lo rende appagante tutto pasto specialmente nei mesi con questa calura estiva.

Il RosaMara 2023 è un grande rosé, uno di quelli che fanno innamorare e ricredere sulle potenzialità di questa tipologia di vino che in Italia non è mai stato troppo amato e che per fortuna invece grazie alle nuove generazioni di appassionati stiamo iniziando a scoprire. Profumatissimo ma non sdolcinato, morbido ma non abboccato, è il più “provenzale” della gamma (e in questo caso non può che essere un complimento) pur rimanendo immerso nel Garda bresciano e difatti mantiene la denominazione Valtenesi rosé. Non ditelo a Mattia Vezzola ma ha anche un rapporto qualità/prezzo invidiabile…

Il Molmenti 2019 è una sfida: dimostrare che anche il rosé ha potenzialità da invecchiamento. Difatti quello che abbiamo degustato aveva il suo lustro sul groppone e non lo dava (troppo) a vedere. Certamente si tratta di un vino che rende onore alla categoria, con grandi evoluzioni nel bicchiere e una sapidità e una profondità di beva del tutto inaspettate. Non è un rosso mascherato: è un rosé in tutto e per tutto ma sorprendentemente complesso. Da assaporare a temperature leggermente più alte del solito.

Non poteva mancare un vino dolce: il PalmArgentina 2023. Se associate la categoria a quegli esemplari un po’ oleosi immersi nello zucchero… ecco qui è tutto diverso. Nel bicchiere ci troviamo piacevoli sentori di fragoline di bosco e lampone, senza dimenticare un sottofondo di melone giallo. In bocca è leggero e fresco, adatto a un dolce leggero o a un gelato di frutta.

Mattia Vezzola e Costaripa dimostrano che si possono fare grandi rosé anche in Italia, coniugando la tipologia in più direzioni senza perdere il tratto distintivo: la qualità. Il rosé è una tipologia di vino assolutamente da rivalutare e non solo d’estate, soprattutto in un momento storico in cui i rossi stanno sempre più aumentando di gradazione alcolica. Un assaggio ci salverà da troppi ingiustificati pregiudizi.

Sergio Bolzoni