Serate Avvinando: un grande vino dal nome curioso, lo Schioppettino

Sandro Vergani e la "parata" di Schioppettino

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L’Italia è una terra di grandi vini. Alcuni conosciutissimi, altri meno e non si capisce bene il perché. E’ il caso dello Schioppettino, che potremmo definire il Barolo del Friuli, tale è la qualità dei vini che quest’uva riesce a tirare fuori. Il Friuli, si sa, è considerata una terra di grandi bianchi. E giustamente. Negli ultimi tempi, però, erano giunti alle nostre orecchie elogi sperticati per un rosso, lo Schioppettino appunto. E così, messa insieme la nostra “solita” banda di appassionati abbiamo raggruppato (comprandole) ben cinque bottiglie e complice il “solito” Sandro del ristorante Vergani di Fara Gera d’Adda (BG) abbiamo dato il via a una serata di degustazioni istruttive, nel senso che con cinque produttori diversi abbiamo provato a fare conoscenza con questo bel rosso accompagnati da tanta carne: salumi bergamaschi, pappardelle al cinghiale e una grigliata di carne (giusto per dare indicazione di eventuali abbinamenti) e verdure miste per gradire.

Prima di passare alle bottiglie, due parole sull’uva schioppettino, chiamata anche ribolla nera. E’ di coltivazione antichissima a anche se con la moda dei bianchi diversi vigneti sono state sradicati negli anni passati e si è rischiato addirittura la scomparsa.  E’ coltivata in provincia di Udine e le zone più tradizionali riguardano i comuni di Prepotto, Albana e Pocalza, ma ci sono ottimi risultati anche nelle zone limitrofe. La doc esiste dal 1970. I profumi primari sono i i frutti di bosco da giovane (specialmente la mora) e grande virata sul pepe man mano che invecchia. In bocca è secco e ampio, non eccessivamente alcolico. Questo dicono gli esperti. Andiamo a vedere le nostre bottiglie. La degustazione è andata a partire dalla più giovane (Ronchi San Giuseppe 2012) alla più invecchiata (Bressan 2007).

Schioppettino Ronchi San Giuseppe 2012 – Ovviamente si tratta di un vino fresco, ma già perfettamente equilibrato con tannini lievemente in evidenza ma mai fastidiosi. Perfetto per i salami del papà di Sandro Vergani. Al naso frutti di bosco e una leggera nota balsamica. In bocca è la quintessenza della giovialità: bello fresco e lascia un retrogusto amabile. Ottimo per le serate in compagnia.

Schioppettino Casella 2011 – Ragazzi, che vino! Qui al naso il pepe nero inizia a mischiarsi con i frutti di bosco creando un bouquet di grandissimo equilibrio. Sarà stato anche l’ottimo piatto, ma per me l’abbinamento con il sugo di cinghiale è stratosferico.  Splendido il retrogusto, quasi di mora, e la persistenza è infinita. E’ un vino probabilmente ancora giovane, nel senso che può evolvere ancora. Ma già così da cercare di corsa (anche perché il produttore fa solo 20.000 bottiglie in tutto e ha tanti altri vini in lista).

Schioppettino La Tunella 2010 – Va bene, lo confessiamo: prima di iniziare la degustazione delle bottiglie avevamo studiato. Ecco, questo è un vino perfettamente ritagliato sulle descrizioni classiche di come deve fatto uno Schioppettino. Nulla è fuori posto e il 2010 è l’annata “giusta”, nel senso che ci è sembrata al top dell’evoluzione di questa bottiglia. Didattico.

Schioppettino Vigna Petrussa 2010 – O dell’austerità. Il senso di questo vino (ovviamente non le caratteristiche organolettiche) richiama alla memoria i grandi baroli in botte grande, quelli che non concedono nulla alla facilità ma che bisogna sedersi ad ascoltare. Al naso un bouquet diverso dagli altri con certo le note di pepe (sulla tavola c’è stata discussione se nero o bianco, ma in fondo chissene…), ma anche floreale e balsamico. Il frutto di bosco scorreva sullo sfondo, quasi impercettibile e infatti solo i nasi geneticamente più attenti delle signore lo hanno percepito da subito. In bocca è ampio ma meno “esplosivo” degli altri. Gioca tutto sui ricordi, per via della infinita persistenza. Di gran classe.

Schioppettino Bressan 2007 – Wow! Questo è un vino che ci ha lasciati tutti a bocca aperta. Era l’unico che davvero potesse definirsi invecchiato visti i 7 anni di anzianità ed è stato il più esplosivo. Tutti hanno concordato che al naso si percepivano il pepe nero e anche il pepe bianco, sotto sotto liquirizia e, da fumatore di Toscani, personalmente ho riconosciuto il Kentuky delle nostre manifatture ma sicuramente era il tasso alcolico che oramai si faceva sentire. Detto ciò, grande potenza anche in bocca e finale grandemente speziato. Un vino molto caratterizzato, nel senso che ha sia carattere che caratteristiche ben marcate. Da assaggiare assolutamente.

Questa è stata la Serata Avvinando dedicata allo Schioppettino. Conclusione? E’ a tutto diritto uno dei più grandi vini italiani, da cercare e degustare. Con la cacciagione poi è un abbinamento eccellente, specie quando dopo qualche anno di invecchiamento le note di spezie prendono il sopravvento. Queste bottiglie valgono tutte la spesa che costano (e di questi tempi è gran cosa). Anzi, cercate i prezzi (si trovano in rete) e vedrete che sorprese…
Sergio Bolzoni

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