Nella frase “Senza estero non ci sarà ossigeno per vivere nei prossimi 10 anni” pronunciata dal direttore dell’Istituto marchigiano di tutela vini Alberto Mazzoni, sta il senso profondo della direzione che il Verdicchio vuole intraprendere. E non è solo una questione commerciale, anzi. È sopratutto un problema di scelte enologiche. Estero, infatti, è stato fatto notare in una indagine realizzata da Nomisma – Wine Monitor, vuol dire vino di qualità e vino di qualità vuol dire sempre più vino biologico. È stato portato l’esempio del monopolio svedese che ha deciso per i prossimi anni di importare il 25% del vino che sarà venduto in Svezia certificato biologico.
Per il Verdicchio è una ghiotta occasione perché le Marche sono già tra le primissime posizioni in Italia per ettari vitati bio e il vitigno ha performance di crescita che doppiano nell’export le – misere dobbiamo dire – medie nazionali. Mazzoni ha ben capito che estero vuol dire fare più qualità. “Ora dobbiamo impiantare nuovi 100 ettari di vigneti, perché a fronte del successo del Verdicchio sul mercato c’è il rischio che gli attuali non bastino più”. Ad ogni modo sembra di poter dire che di qualità ce ne sia già abbastanza, almeno a giudicare da un po’ di assaggi fatti a caso che hanno portato a “scoperte” formidabili di cui daremo conto su Avvinando già oggi ma anche in modo più approfondito nelle prossime settimane. Seguiteci: nelle Marche ne berremo delle belle.
@sergiobolzoni