Se la Francia scopre i vini (bianchi) italiani

Nel Belpaese la vite è ovunque, dalle fredde nevi delle Alpi al sole cocente delle isole. Il vino italiano più conosciuto è quello rosso. Ma se i più grandi vini come il Brunello di Montalcino, sono dei rossi, bisogna far notare che l’Italia produce anche degli ottimi vini bianchi che sono un vero e proprio inno alle più grandi bevande fresche, come poche altre al mondo. A sostenerlo è niente di meno che il più autorevole quotidiano francese Le Figaro che dedica uno speciale firmato da Ian D’Agata all’eccezionale panorama vinicolo italiano, definendolo unico e affascinante. L’Italia, secondo Le Figaro, con i suoi vitigni autoctoni e locali, possiede un patrimonio incredibile e ricco che anche la Francia dovrà invidiare negli anni a venire. Si potrebbero rimproverare molte cose agli italiani, ma non che non sappiano vivere bene. Perché, è ovvio, il vino, è una parte fondamentale della Dolce Vita.

“Nonostante le torride ondate di calore che stanno sconvolgendo la nostra Penisola – commenta Lamberto Frescobaldi, Vice Presidente e Direttore della produzione della omonima azienda vitivinicola toscana – i vigneti italiani resistono e raccolgono persino gli elogi della stampa francese che solitamente riserva gli entusiasmi esclusivamente alla propria produzione ed è solitamente avara di complimenti nei confronti del nostro Paese”.

Ma quali sono, secondo Le Figaro, i vini bianchi italini degni di attenzione?  Diciamo che è andato sul sicuro: Colli Orientali del Friuli Plus 2007 di Bastianich, il Sangue d’Oro Passito di Pantelleria 2008 della cantina di Carole Bouquet, il Salento Rosato 2011 di Rosa del Vento e il Vermentino di Sardegna 2011 di Alberto Loi (per fortuna ricordando i suoi Cannonau). Citazione anche per rosso Chianti Rufina Selvapiana.

Noi di Avvinando aggiungeremmo almeno tre bottiglie tra le tante da consigliare Oltralpe: il Kerner Praepositus 2011 dell’Abbazia di Novacella, il Trebbiano d’Abruzzo 2009 Marina Cvetic di Masciarelli e il Pietramarina di Benanti, magari con qualche annetto sulle spalle tipo il 2004 che abbiamo provato noi in cantina quest’anno in occasione di Sicilia en primeur (ma anche il 2007 basta e avanza per fare una splendida figura).  E voi cosa consigliereste ai cugini francesi? Attendiamo commenti.

 

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