BBS – Per gli amanti del salame anche d’estate: Bonarda Le Fracce Rubiosa (anche fredda)

Sì, per essere una bonarda, vino famoso per non essere di qualità proprio eccelsa, è cara.  Per la seconda puntata di Bere bene al supermecato stiamo parlando di una bottiglia che costa la bellezza di 8,49 euri all’Esselunga di Cernusco Lombardone, (LC). Il che di per sè è un azzardo commerciale oltre che un modo di fare vino controcorrente. Se questo basta a scoraggiarvi fermatevi qui, perché d’ora in avanti si parlerà di un vino magnifico a cui difficilmente si potrà resistere, specialmente se come il sottoscritto si è amanti inguaribili dei salumi in generale e del salame in particolare, sia crudo che cotto sotto forma di cotechini vari in inverno.  Mi sbilancio, ma insomma, questa è una rubrica che parla da consumatore (i vini vengono regolarmente acquistati) a consumatore e il sottoscritto i signori di Le Fracce non li ha mai visti in vita sua: al momento la bonarda Rubiosa Le Fracce è la migliore che abbia trovato finora girovagando fra i supermercati (esistono altri campioni ma non nella grande distribuzione).

I signori di Le Fracce, dicevamo. Il marchio appartiene a una fondazione no profit che si chiama Bussolera Branca, dal nome di un facoltoso avvocato lombardo e di sua Moglie Lina Branca, quella del Fernet. Alla loro morte venne creata una fondazione per prendersi cura dei possedimenti nell’Oltrepò Pavese, per la precisione a Mairano di Casteggio. La croatina (con cui si fa la bonarda) per chi non lo sapesse è con il pinot nero vinificato a spumante, il vitigno più coltivato nell’Oltrepò e quello a cui si deve la fama talvolta immeritata di zona non particolarmente ricca di grandi vini. La Rubiosa è composta da croatina al 100%, (nel disciplinare il minimo consentito è 85%), un’uva piuttosto povera di tannini ma dal meraviglioso colore rosso rubino.

A questo proposito una piccola divagazione: i filari di croatina dell’Oltrepò (e dei colli piacentini dove è anche abbondante) sono particolarmente belli da vedere con questi grappoloni rossi allungati che spuntano tra le foglie non particolarmente grandi della vite. Considerato che le zone sono magnifiche, un bel giro magari in moto a settembre è altamente consigliato.

Torniamo al vino. Del magnifico colore rosso rubino della Rubiosa 2009 abbiamo detto (ma da consumatore affezionato posso dire che è una costante anche delle annate precedenti). E’ frizzante e persino la spuma è di un violaceo particolarmente bello che evapora velocemente. I profumi di quest’annata sono una esplosione gioiosa di amarena, mora e di mosto fresco. In bocca i tannini e una certa acidità (in senso buono, mi raccomando) fanno sì che non ci si accorga dei 13,5 % di gradazione alcolica e permettono, udite udite, di mettersela anche nel frigo e di godersela anche nelle giornate calde con una bella fetta di salame, dicevamo, qualunque sia basta che non pizzichi, nel senso del piccante. In bocca il gusto è pieno e leggermente amabile. Quello che differenzia questa bonarda da quasi tutte le altre è il retrogusto, spesso non proprio piacevole nelle bottiglie di qualità inferiore. Qui no. Anche dopo un crostino al lardo, la bocca resterà pulita e asciutta senza nessuna traccia di note stonate.

Va da sè che anche con gli altri salumi è un abbinamento straordinario, così come con il grana padano specie se non particolarmente stagionato, i risotti contenenti carne (quello alla monzese con la salsiccia o luganega, quello coi fegatini, con fagioli e pancetta…), perfetta per le rane, la trippa o busecca, per i formaggi a pasta molle ma saporiti tipo taleggio o brie e molti francesi.
Tornando a questa cosa un po’ pazzarella del frigo, il consiglio è quello di tenercelo come fosse un vino bianco ma di tirare fuori la bottiglia quando comiciate ad apparecchiare la tavola, per dare alla Rubiosa quel quarto d’ora di tempo necessario a salire di qualche grado di temperatura (d’altronde bisogna fare così anche per i salumi e i formaggi, a ben vedere) per berla bella fresca ma non gelata. Provate e fateci sapere. Prosit!
Sergio Bolzoni

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