“Non c’è solo Barolo e Barbaresco”

Fabio GalloNel prossimo fine settimana si riuniscono tutti i sommelier d’Italia a Torino. Intervista a Fabio Gallo, presidente dell’Associazione Italiana Sommelier del Piemonte.
Cosa significa essere sommelier in una regione con vini come quelli del Piemonte?
In effetti in Piemonte il ruolo del sommelier è un po’ più in vista rispetto ad altre regioni. In Piemonte molte persone hanno o avevano il nonno o il papà o un parente che faceva vino o che lavorava in campagna, quindi c’è una cultura enologica media più elevata rispetto ad altre zone e allora quando parli di vino in molti ti capiscono o fanno attenzione a quello che dici. In poche parole aumenta la responsabilità. Tutto qui. Non conviene raccontare balle, saresti smentito immediatamente.

Barolo e Barbaresco sempre in pole position: oltre alla sua nobiltà l’enologia piemontese sta riscoprendo la buona borghesia: di quali vini si tratta?
Negli ultimi anni, anche a causa dei consumi in discesa, della crisi e forse anche della crescita della conoscenza del vino, si fa più attenzione a cosa si beve, a cosa si sceglie. E allora sono giunti alla ribalta vini come il Grignolino, il Pelaverga, il Timorasso, vini eleganti e meno popolari di altri ma che detengono caratteristiche organolettiche molto interessanti, soprattutto in un ottica di abbinamento. Quindi non sempre si deve bere Barolo o Barbaresco, i grandi vini piemontesi per fare bella figura, ma anche vini dai caratteri di finezza e leggiadria come quelli appena menzionati. Va da sé che il Barolo è il Barolo…

L’Associazione Italiana Sommelier è la più grande realtà sulla comunicazione del vino esistente al mondo: 36mila soci distribuiti su tutto il territorio nazionale. L’Ais celebrerà a Torino il suo congresso nazionale dal 22 al 24 novembre. Come vi state preparando a quest’evento?
Il Congresso di Torino sarà un Congresso itinerante, organizzato all’interno dei luoghi che hanno fatto la storia d’Italia: Palazzo Reale, Palazzo Carignano, Teatro Carignano, Palazzo Barolo. Per questo motivo l’organizzazione, o meglio la messa a punto dell’evento, sarà per noi molto laboriosa, ma penso che il risultato sarà entusiasmante per i visitatori, perché potranno conoscere il meglio dell’enologia piemontese e non solo all’interno di dimore che solo al menzionarle emoziona.

Fortissimo nell’export, molto debole in patria: il comparto enologico sembra un paradigma del momento difficile dell’economia italiana. Come se la passa il Piemonte da questo punto di vista?
Nella crisi tutta italiana del comparto enologico, il Piemonte sta andando bene ed è una delle zone che possono vantare i risultati più accettabili. È vero, la “gelata” dei consumi esiste, causa della crisi, del costo del vino, della tassazione a suo carico, della politica oscurantista a suo danno, eccetera. Ma non dimentichiamo che il consumo del vino è in calo da sempre: in Piemonte nel 1937 erano 129 i litri di vino consumati pro capite, oggi nettamente meno. In Piemonte le cose vanno meglio che altrove, perché il vino prodotto è di forte ispirazione autoctona, i nostri sono quindi vini non replicabili in altre zone del mondo. In sostanza: il vino piemontese ha un carattere suo particolare, nessuno lo può scimmiottare in altre zone del mondo a prezzi inferiori. Quindi chi cerca certe cose non può far altro che comprare da noi. Diverso invece e fare vino con uve internazionali, mostri il fianco a doppioni o copie…
Simone Savoia

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