Ventiquattro anni in degustazione alla scoperta del Buttafuoco Storico

Dopo i blitz alla scoperta di gioiose Bonarde quotidiane, torniamo nell’Oltrepò Pavese per parlare di un’altra chicca enologica della zona che punta questa volta maggiormente sulla struttura e sulla capacità di invecchiamento. Ad uso dei non lombardi, il Buttafuoco è uno dei vini tradizionali del territorio oltrepadano. Stiamo parlando di un vino ottenuto da uve autoctone: la Croatina, che regala intensità, grande corpo, tannino, colore e pronunciati sentori di frutta rossa, la Barbera che conferisce spinta acida, l’Ughetta e l’Uva Rara che possono arricchirlo con note aromatiche varietali. Un vino di gran corpo, come suggerisce già il nome.

La leggenda vuole infatti che il poeta dialettale Carlo Porta, assaggiandolo per la prima volta, abbia esclamato “buta me al feug” evocando così una sensazione di potenza tale da “scaldare” la bocca come il fuoco! Con questa espressione il poeta ha perfettamente inquadrato il calore e il corpo di questo vino, ma non la straordinaria capacità evolutiva verso sensazioni di sempre maggior complessità e finezza.

Per completare quindi il quadro, lontani sia chiaro da qualsiasi velleità poetica, abbiamo preso parte a una degustazione di annate storiche in occasione dei 24 anni del Club del Buttafuoco Storico, che con buona probabilità il Porta non avrà avuto la fortuna di assaggiare! Parte della denominazione Buttafuoco DOC, il Buttafuoco Storico è un marchio privato che nasce per tutelare il prodotto e promuoverlo al di fuori dei tradizionali palchi lombardi. Nel disciplinare sono ammesse solo quelle vigne che storicamente hanno nei secoli generato vini di altissima qualità. L’affinamento minimo in legno è di 12 mesi e di almeno altri 6 in bottiglia.

Ma torniamo alle annate storiche. La degustazione ha abbracciato vent’anni 1996-2016 e le soprese non si sono fatte attendere. L’annata 1996 (appunto 24 anni fa…) si presenta color mattone, con note di genziana e agrume, colpisce perché ancora super fresca e con tannino vivo. Il vino è sì sottile ma con frutto ancora ben presente. La 1998 è simile ma più rotonda, il vino è freschissimo, ha polpa e tannino, in due parole è vivo e scattante. La 2000 ha note più scure, un vino goloso, con note di liquirizia nel finale. La 2002 ha un naso interessantissimo, note di liquirizia, di noci e sensazioni balsamiche. La 2007 è strepitosa, note fruttate e minerali, freschezza, tannino e succo insieme per un vino eterno. La 2009 fa da spartiacque con i vini più “giovani” e stacca rispetto alle precedenti sia per il colore che per le note più piene. La 2012 ha un naso meno spinto ma con note fresche. La 2013 è giovanissima, ma improntata all’eleganza, con freschezza e un finale sapido. La 2015 è “masticabile”, rotonda, con tannino e spinta acida, l’evidente giovinezza non toglie piacevolezza. La 2016 fa già pensare a grandi potenzialità per un’annata che si prospetta eccezionale, ma sì che “buta feug!”

Colpisce la triangolazione tra tannino, polpa e acidità, fattori comuni presenti in tutte le annate seppur con intensità diverse, a garanzia della durata e dell’evoluzione. Grande corpo, intensità e un carattere tale che, come spesso capita per i grandi vini, serve il giusto tempo per apprezzarne ogni sfumatura e godere di una grande finezza ed eleganza. La dimostrazione, se ce ne fosse bisogno, che in Oltrepò Pavese si fanno grandi vini da invecchiamento e dal rapporto qualità prezzo eccellente. Quindi aspettateli un po’ in cantina, non ve ne pentirete!

Raffaele Cumani 
@raffaelecumani

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *