Il nome innanzitutto. Trovare una parola che centri il senso di quello che fai e che provi a raccontarlo in tua assenza è metà dell’opera. Succede per tante cose . Succede anche nel vino. Grace di Giovanni Arcari e Domenico Danesi – l’azienda Arcari+Danesi – ha il nome che merita, quello che gli calza a pennello. Hanno scelto l’inglese perché è un vino pensato per il mercato americano e perché è un acronimo: GRAnd CEntral di New York, la stazione ferroviaria più grande del mondo, costruita con pietra botticino. Mettiamo assieme i pezzi: vino bresciano+pietra di costruzione bresciana +Grand Central+mercato degli States=Grace E’ anche grazia. Quella che si ha nell’incedere o porgendo la mano per un saluto . Un modo di guardare le cose e le persone, di solito con la meraviglia negli occhi. Lo stare leggiadri al mondo.
Lasciamo perdere il dono o il perdono di Dio. Poi è il primo e unico album di Jeff Buckley- anno 1994- cantautore e chitarrista scomparso troppo presto. La sua voce eterea era quella di un tenore di alto che, nel gergo dell’Opera- guarda caso- si conosce come tenore di grazia. Vibrava sempre a tre ottave e mezzo ( Tom Yorke dei Radiohead ne è un altro esempio). Voce e vino hanno tessiture, c’è da farci caso: “And she weeps on my arm Walking to the bright lights in sorrow Oh, drink a bit of wine we both might go tomorrow Oh, my love (Grace)”.
Vino rosato da tavola che riprende l’uvaggio di una delle Doc più piccole, storiche – 1968- e dimenticate d’Italia, la Doc Botticino della provincia di Brescia che prevede l’uso di Sangiovese, Marzemino, Schiava e Barbera. Sono rimasti meno di 30 ettari e Giovanni e Nico ne hanno presi in affitto quattro a Caionvico, che stanno risistemando, a cominciare dal sistema di allevamento classico, la pergola bresciana. Uva sospesa da terra, vendemmia più facile e grappoli che si godono il sole, anche se crescono su piante di 70 anni. Insomma quello che i vecchi sapevano già.
L’azienda Arcari+Danesi, di Coccaglio in Franciacorta, nota soprattutto per la spumantizzazione, ha fatto del Botticino un vino rosato- ma un paio di rossi sono già in cantina. Nessuna macerazione sulle bucce, ma uva intera in pressatura soffice e veloce .Il colore è quello dei rosati francesi di Provenza, immaginate il bianco con dentro accenni di rosa e arancio. Immaginate un acquarello. In bocca invece la tessitura spinge, con ricordi neanche lontani di tannino e soprattutto selce, roccia, l’odore della pietra calcarea. Vibra perché è un vino teso e non perde tempo a roteare nel cavo orale, prende subito la strada della faringe e va giù con la voglia di dissetare. È buono perché ha in sé una “leggerezza pensosa” che ti porta su di una collina non da vertigini e che ti fa levare calze e scarpe, incrociare le gambe e sonnecchiare. È primavera anche in Padania. Gradazione alcolica: 12% Prezzo: circa 13 euro.
Francesca Ciancio @LaCiancio