No, non è mica perché c’è il Tour de France che parliamo di Moser. Nemmeno perché ci hanno invitato ad una degustazione in un albergo in centro di Milano (l’Hilton) pieno di procuratori calcistici e per un attimo ci siamo calati nella dimensione di Paolo Bargiggia (ah, Bonucci al Milan!). No, è proprio perché la Cantina Moser composta oltre da Francesco, anche dai figli e dai nipoti, fa spumanti proprio buoni. Trento doc, naturalmente. Noi ce ne eravamo già accordi l’anno scorso a Vinitaly che c’era qualcosa di speciale nella relativamente piccola produzione Moser (120.000 bottiglie in possibile piccolo aumento).
Intanto diamo una notizia: da due anni a questa parte la coltivazione delle uve per gli spumanti segue il metodo biologico e i primi risultati saranno sul mercato nel 2020/21. Anche in questo caso ci piace la spiegazione. “Noi lo facciamo perché ci sembra l’approccio giusto alla cosa, poi vedremo come saranno i vini. Ad oggi è impossibile prevederlo”. Segno di sana, sanissima mentalità senza tutte le prosopopee del marketing e senza spocchiosi atteggiamenti da guru (ce n’è già fin troppi).
Ora veniamo agli spumanti Trento doc, metodo classico. Le schede tecniche ve le guardate sul sito come sempre. Partiamo dal Trento doc Brut 51,151 (il mitico record dell’ora di Francesco Moser), 100% chardonnay. Che dire: a naso è fresco è intrigante, molto estivo. Perfetto per accompagnare un aperitivo di qualità. In bocca cambia completamente prospettiva e diventa molto “creamy” con una bella persistenza e il perlage infinito che accompagna la bevuta lo rendono allo stesso tempo un sorso “di sostanza” ma anche poco impegnativo. Nel senso che tra una chiacchiera e l’altra finite tranquillamente la bottiglia (no, ma dico: quale complimento migliore a un vino?), quindi occhio alla patente.
Passiamo al Trento doc Rosé vino che in un assaggio l’anno scorso ci aveva entusiasmato per la sua nettezza e “crudità”: tagliente come una katama giapponese, perfetto a tutto pasto ma forse non per tutti i gusti. Quest’anno lo abbiamo ritrovato un filo più rotondo e poiché non sappiamo se si tratta di un assaggio dell’annata nuova o di quella “vecchia” con un anno di affinamento in più prendete questa cosa col beneficio di inventario. Il Rosé lo abbiamo trovato più oltre che più rotondo in bocca, anche meno intenso a naso, più elegante ed equilibrato in tutte le sue componenti. Che dire: sicuramente ci è sembrato più universale oggi, ma…
E chiudiamo con quello che per noi è il vero capolavoro della degustazione: il Trento doc Brut Nature, chardonnay, blanc de blanc in purezza millesimato, potente a naso con un bouquet intrigante che passa dai fiori ai frutti bianchi. E più ci si mette, più si tirano fuori sentori come in un caleidoscopio infinito. In bocca ci conquista per la freschezza e per la persistenza che ne fanno un prodotto da aprire per le occasioni buone, quelle in cui ci siamo dati da fare in cucina oppure per ricorrenze serie e indimenticabili. Fatto con uve selezionate in diverse parti dell’azienda Moser (poco sopra Trento e in Val di Cembra) per poi essere assemblate in questo mix di intensità e leggerezza, il Brut Nature ci accompagnerà con la sua beva importante ma sempre fresca e leggera in ogni occasione. Cin!
Sergio Bolzoni
@sergiobolzoni