Eccoci di nuovo qui a raccontare di una bottiglia che ha lasciato il segno. Dopo l’Etna, stavolta tocca alle Langhe. Più precisamente a un Barolo. Bella forza, direte voi, è uno dei migliori vini al mondo. Sì, è vero. Ma c’è Barolo e barolo, giovani o invecchiati, botte grande o barrique… Decenni di discussioni. Io ora sono qui a raccontarvi solo di un mondo di profumi e sapori che si è improvvisamente materializzato sulla mia tavola, l’altra sera, complice la pioggia, i primi freddi e un piatto di genuino gulasch!
L’artefice di questo emozionante incontro è stato il Barolo Bussia annata 1997 di Bussia Soprana, Monforte d’Alba. Una azienda, questa, che ama i baroli (e il barbera d’alba) tradizionali e bene invecchiati.
Quando devo aprire una bottiglia che ha riposato per anni ho sempre un po’ di trepidazione: un po’ per l’ovvio rispetto che le si deve; un po’ perché non mi fido fino in fondo della mia cantina, che ha sì una escursione termica ridotta tra estate e inverno, ma non è perfetta; un po’ perché in 15 anni hai voglia quante cose possono essere andate per il verso sbagliato nella sua conservazione.
Quindi ho adottato tutte ma proprio tutte le tecniche possibili per l’apertura di cotanta bottiglia, persino il trasporto sul tavolo con qualche ora di anticipo affinché si acclimatasse alla stanza (non ridete: in Borgogna, in certi ristoranti dove si va più per bere che per mangiare, si può telefonare nel pomeriggio e il sommelier metterà la ovviamente costosa bottiglia sul vostro tavolo pronta per essere giubilata alla sera).
Aperta quindi con la massima cura, verso i bicchieri e li lascio tutti a respirare (i bicchieri più la bottiglia) per una buona mezz’ora abbondante. Confesso che lì per lì appena stappata la trepidazione si era trasformata in ansia perché il profumo ricordava quello dello sherry: “Vuoi vedere che è andata?” ho pensato. Poi il colore era proprio granato scurissimo, insomma c’erano tutti i motivi per essere preoccupati. Invece… Continua a leggere
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Il miglior vino italiano un Trebbiano d’Abruzzo. Che ne dite?
Premessa: secondo noi ben vengano le classifiche e i punteggi nel vino. Fanno parlare, scatenano confronti, discussioni e scrollano di dosso l’apatia del politically correct. Insomma fanno un gran bene, anche al vino. Quella stilata da Luca Gardini, sommelier campione del mondo 2010 e il critico gastronomico Andrea Grignaffini per il Best italian wine award 2012 sicuramente non passerà inosservata, perché miglior vino d’Italia per quest’anno è stato eletto un (grande) vino bianco: il Trebbiano d’Abruzzo di Valentini 2007. Della giuria facevano parte anche valenti giornalisti specializzati: Daniele Cernilli, Enzo Vizzari, Pierluigi Gorgoni, Tim Atkin, giornalista dell’Economist e Raoul Salama, docente di enologia di Bordeaux. Insomma gente di grande cultura. Quindi il premio sarà senz’altro meritato. Qui di seguito c’è la classifica integrale. Noi non aggiungiamo nulla: fatelo voi coi vostri commenti. Continua a leggere
Un nettare dalla terra di Trinacria: Il Saia 2009 di Feudo Maccari
Quando pensiamo al nero d’Avola ci viene in mente un vino dai sentori forti ed a volte eccessivamente marcati, un vino con una potenza olfattiva talmente forte da risultare, in alcuni casi, ostico, al contempo però, il nostro vitigno in questione è duttile e si presta a mille interpretazioni. Una delle più convincenti l’abbiamo trovata degustando il Saia,annata 2009, nero d’avola in purezza, prodotto dall’ Azienda Feudo Maccari di Noto (SR) . Continua a leggere
Cantine Settesoli: un modello da seguire
Siamo sinceri, quando parliamo di vino di alta qualità raramente ci viene in mente una bottiglia prodotta da un consorzio da una cooperativa o da una cantina sociale. Stiamo parlando di quelle aziende che riuniscono migliaia e migliaia di produttori (in questo caso detti “conferitori”), che danno l’uva alla società che poi si preoccuperà di trasformarla in vino. Questo metodo, in realtà, nasconde delle insidie e dei rischi, in quanto non tutte le aziende di questo tipo controllano al meglio l’evoluzione e la produzione dell’uva che poi contribuirà a creare i loro vini con il risultato quasi certo di avere un prodotto mediocre, squilibrato e non costante negli anni in termini di qualità. Per fortuna, che all’interno di questo panorama, però ci siano anche delle valide eccezioni. Una di queste arriva dalla Sicilia ed è sicuramente rappresentata dalla Cantine Settesoli di Menfi (AG) e Continua a leggere
Da Duca di Salaparuta nuove idee per l’happy hour: ecco Star e Moon
I vini siciliani sono ormai da parecchi anni al centro dell’interesse e della considerazione di appassionati ed esperti e quando sembra che il panorama sia ormai saturo di proposte interessanti ecco che la più antica e prestigiosa cantina isolana, Duca di Salaparuta di Marsala (Tp), che dal 1824 produce vini di qualità, ti esce con due vini nuovi, freschi e dal look giovane ed accattivante. Accompagnati dalle numerose prelibatezze preparate da Roberto Okabe Chef del Finger’s Garden di Milano, abbiamo avuto modo di provare in una quasi anteprima assoluta Star e Moon, le due nuove proposte dello storico marchio siciliano.
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Sicilia en primeur 2012 – da Benanti, sull’Etna
Da Benanti si comincia con Noblesse, spumante metodo classico con uve carricante imbottigliato in gennaio, quattro anni di età prodotto in 5mila bottiglie al massimo.
Si passa al mitico Pietramarina, il vino bianco simbolo del Rinascimento dell’Etna. Si inizia con il 2004, ancora fresco come fosse d’annata, una acidità sorprendente, minerale; al naso complesso come pochi altri. E poi si sente il mare. Insomma uno dei migliori vini bianchi italiani e del mondo. Da applausi.
Passando ai rossi si inizia con Rovittello, Etna Rosso doc con profumi esplosivi ma fini. In bocca è di un equilibrio perfetto.
Il Serra della Contessa è un altro dei vini che hanno fatto la storia dell’enologia siciliana. Continua a leggere
Sicilia en primeur 2012 – sull’Etna da Barone di Villagrande
Degustazione di vini tipici dell’Etna da Barone di Villagrande. L‘Etna bianco 2011 mantiene le fragranze provate ieri. Siamo quest’anno tra le eccellenze per i bianchi dell’Etna e in generale tra quelli assaggiati in Sicilia. Il carricante con cui è prodotto al 90% si esprime qui con una acidità inusuale per un bianco siciliano, garantendo freschezza e mineralità. Inoltre costa in cantina 8 euro. Un rapporto qualità prezzo molto, molto alto.
A testimoniare la longevità del Carricante degustata in cantina anche una bottiglia di annata 2001, Fiore, che invece fece un anno di barrique. Davvero notevole come mantiene una struttura di bevibilità con praticamente alcun segno di “vecchiaia”. Sviluppa note di frutta esotica e albicocca davvero piacevoli, che non si ritrovano nel 2011, che invece si mantiene su note più floreali e leggermente agrumate più fresche. Insomma come fosse un riesling (tedesco).
Seconda degustazione di Etna rosso 2010 confrontato con una bottiglia del 1968 che affinati i tannini esprime ancora una notevole profondità senza alcun segno evidente di “seduta”. Continua a leggere


