Il nome innanzitutto. Trovare una parola che centri il senso di quello che fai e che provi a raccontarlo in tua assenza è metà dell’opera. Succede per tante cose . Succede anche nel vino. Grace di Giovanni Arcari e Domenico Danesi – l’azienda Arcari+Danesi – ha il nome che merita, quello che gli calza a pennello. Hanno scelto l’inglese perché è un vino pensato per il mercato americano e perché è un acronimo: GRAnd CEntral di New York, la stazione ferroviaria più grande del mondo, costruita con pietra botticino. Mettiamo assieme i pezzi: vino bresciano+pietra di costruzione bresciana +Grand Central+mercato degli States=Grace E’ anche grazia. Quella che si ha nell’incedere o porgendo la mano per un saluto . Un modo di guardare le cose e le persone, di solito con la meraviglia negli occhi. Lo stare leggiadri al mondo. Continua a leggere
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Five Roses, un grande rosato italiano
Quella del rosato è un po’ una perversione. E’ il classico né carne né pesce, non è rosso ma non è neanche bianco. E’ un vino a sè. Il 90% dei consumatori italia lo trova inutile, spesso finché non va a fare una vacanza in Francia e assaggia i rosati loro, magari quelli della Provenza , i migliori in assoluto. Allora entusiasta di avere scoperto un nuovo vino torna a casa sul suolo patrio e comincia a comprare delle bottiglie di rosato italiano pensando diritrovarci la stessa qualità. E fa una amara scoperta: se nei rossi e nei bianchi la distanza media tra il vino italiano e quello francese si è molto assottigliata, per i rosati siamo al punto di 20 anni fa. Non c’è partita. Non solo. Diventa difficile trovare dei vini davvero buoni (non stiamo parlando di spumanti rosé, ovviamente). Continua a leggere
Grandi vini dall’Umbria… Nella Bergamasca!
Ci sono serate che, enologicamente parlando, nascono per caso e spesso si rivelano così belle che non si può non parlarne. Così è successo l’altra sera al Ristorante Vergani, di Fara Gera d’Adda, porto sicuro tra Milano e Bergamo per gli appassionati del mangiare bene e anche del bere bene, vista la passione con cui Sandro Vergani cura la sua cantina scegliendo ogni singola proposta.
Ora, cosa fare quando un “porto sicuro” propone una serata per presentare un piccolo winemaker a noi sconosciuto che per di più offre solo un rosato e un rosso? Se se ne ha la possibilità ci si va, ovviamente. E’ così che abbiamo scoperto i vini di Tiziano Vistalli, microscopico produttore da meno di 5.000 bottiglie all’anno ma che il naso (nel vero senso della parola) di Sandro Vergani ha saputo tirare fuori dal mare magnum di Vinitaly la scorsa edizione.
Ci scusiamo innanzitutto con gli interessati per la qualità delle foto, ma sono state fatte con un cellulare a dimostrazione di come questo post non fosse assolutamente preparato (e non fate i maligni come al solito: ormai dovreste saperlo che noi di Avvinando siamo avvezzi agli scontrini). Quindi passiamo ai vini. Continua a leggere
La Schiava dove non te la aspetti
Torna la rubrica Bere bene al supermercato e questa volta va a Bergamo! Sarà anche vero che a causa del surriscaldamento del pianeta ormai si fa il vino sempre più a Nord e in posti fino a qualche decennio fa impensati (vedi i colli lariani, per fare un esempio), ma ammetto che il motivo che mi ha spinto a comprare questa bottiglia di rosato alla Auchan di Merate per 2,49 euro (!) non è stato altro se non in nome di questo Igt: Schiava bergamasca. Ora, conosco il Valcalepio bianco e rosso, so che nella bergamasca si coltiva tanto cabernet, ma la schiava davvero no. Non me l’aspettavo. Per me Schiava vuol dire Alto Adige senza discussione di sorta.
Ma questa bottiglia della Cantina sociale bergamasca è stata una piacevole sorpresa in questi giorni di torrida estate. Bevuta fredda da frigo esprime profumi di mandorla predominanti e bene armonizzati con le note alcoliche. In bocca è bello pieno con un retrogusto amarognolo che lo rende compagno di pasti per niente stucchevole. L’alcol al 12% lo fa essere bevibile e finibile senza timori di coccoloni da calura estiva. Continua a leggere